Puoi leggermi gli anni nella vaga stempiatura che separa la fronte dai capelli castani, un po' rossicci, e nelle prime zampe di gallina ai lati degli occhi, che sono celesti e con un taglio, devo ammetterlo, un po' triste. Non che sia triste. Solo molto stanco. Ho un naso importante, lungo, che dà carattere ad una faccia che altrimenti - ammettiamolo senza false modestie - sarebbe troppo piacente per appartenere ad uno stimato professore universitario. Immagino che possa dirsi lo stesso per le orecchie un po' a sventola. Sono miope e porto gli occhiali. Ho denti buoni, potendo permettermi di investire un buon numero di quattrini sul mio sorriso. Durante l'adolescenza sono stato un discreto giocatore di Pyramid a livello amatoriale, ma al momento quello che mi resta dell'esperienza sul campo è la fidelity card dello stadio di Manhattan, un'altezza ragguardevole ed un fisico asciutto. Ho un debole per i vestiti e le scarpe costose. Nessuno è perfetto.
Ho il brutto vizio di essere un uomo morbosamente curioso. Le persone, gli oggetti, i luoghi: mi attraggono in maniera irresistibile e spasimo per conoscerne gli anfratti più nascosti, le circonvoluzioni mentali più aggrovigliate. Leggo moltissimo, poiché sono consapevole della virtuale immensità del materiale di studio. Ho un carattere metodico; alcuni dicono che non ci si può fidare di un uomo che ha una scrivania ordinata, e forse hanno ragione. Mi piace organizzare tutto: anche le persone. Soprattutto, le persone. Tutto ciò ha fatto di me un uomo fortemente abitudinario: elenchi, tabelle di marcia, memorandum. Conosco i miei prossimi passi prima ancora di poggiare un piede per terra. Mantenere le redini della propria vita richiede una grandissimapazienza: la professione mi ha aiutato a coltivare questa indispensabile qualità. La vita mi ha reso cinico, disilluso, fuorché quando si parla di arte: è una delle poche cose che riesce a commuovermi. Alcuni mi hanno definito come un individuo amorale: io mi ritengo semplicemente privo di pregiudizi.
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