venerdì 25 aprile 2014

--- / work in progress, prologue

DANGEROUS FEELINGS
il primo romanzo del dr. Harvey J. Morgan


Questa storia è un'opera di fantasia. 
Ogni riferimenti a fatti o persone reali è puramente casuale.


PROLOGO

Quando conobbi Ezra Crane Elias Johnson, non sapevo in quale abisso di violenza mi avrebbe trascinato nei mesi a venire.  
Mi chiamo Harvey Morgan Henry Morrigan, di professione psicologo chirurgo, e sto per raccontarvi una storia vera - una storia che inizia in un quartiere povero di Sunset Tower Labour Town e finisce in un appartamento di Capital City Gandhi intestato alla Shouye Bluebarry Corporation.
Elias nacque venticinque anni fa su Safeport Meili...
  

sabato 12 aprile 2014

to know what a person has done, and to know who a person is, are very different things.

Sai come funziona, Junior: chiudi gli occhi, stai tranquillo, finirà presto, come sempre.
Hai studiato la violenza per tutta la vita, non sarà un ragazzino dai capelli rossi a far accelerare i battiti del tuo cuore. Sai che non intende ucciderti. Non che importi nulla, in realtà. Ma domani ti sveglierai e sarai ancora fra noi in questa valle di lacrime, e non sarà cambiato niente. A parte la giacca. Tutto quello che indossi è da buttare, sporco di sangue e polvere e sudore acido.
Pensa, Junior: sei in un posto mille miglia lontano dal sapore oleoso del silenziatore che ti ha incastrato in gola, così a fondo da farti venire voglia di vomitare, e mille miglia lontano dalle dita che ti esplorano tuo malgrado. Pensa a quello che ti sta dicendo. Adesso il messaggio è chiaro. Non che te ne importi niente, del messaggio, a ben pensarci. L'unica cosa su cui riesci a focalizzarti è il flusso del sangue che ti attraversa la spalla, e la sensazione della camicia bagnata appiccicata al petto.
È il primo proiettile che ti prendi, Harvey Morgan, ed il primo proiettile non si scorda mai.
Ma non è vero: c'è anche un'altra cosa su cui riesci a focalizzarti, ed è l'immagine di Ezra Crane ridotto ad un ammasso di sangue urlante. 

Quando i muscoli si contraggono in uno spasmo non voluto, il dottor Morgan apre di nuovo gli occhi, e nota poco distante la sagoma accartocciata del proiettile che gli ha attraversato l'orgoglio prima che la spalla.

domenica 6 aprile 2014

i love the sound of you running away

Dopo averlo visto allontanare nel buio, Harvey sale sul primo taxi libero e paga la corsa due volte il suo prezzo per convincere il conducente a superare i limiti di velocità e portarlo al più presto nella silenziosa via residenziale in cui ha affittato il suo appartamento.
L'ascensore deve salire poco più di venti piani, ed i minuti trascorsi in quella scatola di metallo sono scanditi dai battiti accelerati di un cuore spaventato.
Non che sia pronto ad ammetterlo di fronte a qualcuno, se stesso compreso.
Ma non riesce a smettere di pensare alle parole di Ezra, e al modo idiota in cui l'ha provocato di proposito. Pensandoci, arrossisce. Si giustifica dicendosi che era un rischio calcolato, che spingerlo deliberatamente così vicino al precipizio della violenza era soltanto un modo meschino per conoscerlo più in fretta, un trucco da prestigiatore.
Per una strana associazione di idee, si ricorda di una volta in cui suo padre lo ha lasciato solo in un grosso centro commerciale. Quanti anni avevo?, si chiede. Cinque o sei. Col senno di poi, sa che suo padre non lo aveva davvero abbandonato: si era solo sottratto alla vista, probabilmente tenendolo d'occhio da dietro una colonna o la vetrina di un negozio vicino. Si è chiesto per anni per quale motivo Harvey Senior abbia deciso di lasciare un bambino così piccolo nella folla ostile di uno dei più grandi complessi commerciali di Manhattan. Alla fine è giunto alla conclusione che fosse semplicemente divertente, dal suo punto di vista. Divertente e rassicurante: essere indispensabile per qualcuno. Che quel qualcuno fosse un cinquenne col moccio al naso, poco importa. Un risvolto dello stress da posizione apicale. Un sintomo di una sociopatia probabilmente congenita. Whatever.
Un lieve cinguettio dell'ascensore lo avverte che la corsa è finita. Si precipita verso la porta, infila le chiavi nella toppa, e quando la serratura si rivela ancora chiusa, tira un sospiro di sollievo. La chiude a doppia mandata alle proprie spalle.
Nei quattro minuti successivi raccoglie gli ultimi taccuini dalla scrivania, e assicura i dossier dei suoi pazienti alla bocca solida e fredda di una cassaforte la cui combinazione rappresenta la trasposizione numerica del nome della figlia.
Riempie il portafoglio di denaro e fa un'ultima ispezione per le stanze per assicurarsi che sia tutto a posto: sulla soglia della camera da letto, si ferma. Le pareti sono ancora intarsiate del sangue di Ezra.

Puzzling you...